L’animazione socioculturale a Villa San Benedetto Menni

 

Vi presentiamo Angela Tirigalli, animatrice socioculturale presso la nostra Casa di Cura VILLA SAN BENEDETTO MENNI, ad Albese Con Cassano, in provincia di Como. Ad Angela abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza professionale ed umana.

 

1 – In cosa consiste esattamente il lavoro dell’animatore socioculturale e qual è la sua importanza in un ambiente come il nostro?

Accompagnare la persona, il gruppo, la comunità verso un processo di cambiamento, aiutandoli a trovare le risorse utili al raggiungimento del loro benessere, partendo dall’analisi dei bisogni.

Anche in un ambito come il nostro dove il limite può impedire di proiettarsi sul futuro e le risorse sembrano essere esaurite.

 

2 –  Quali sono i principali obiettivi e finalità che perseguite quando interagite con il centro di Albese?

L’obiettivo principale è ascoltare, accompagnare e sostenere l’ospite, il famigliare e l’operatore attraverso gesti di vicinanza e cura.

L’équipe condivide un lavoro multidisciplinare che permette la presa in carico globale della persona residente e dei famigliari in tutti i suoi aspetti.

La finalità principale è quella di creare una relazione individuale e collettiva autentica attraverso l’acquisizione di consapevolezza delle azioni che ognuno di noi compie nella quotidianità dei gesti di cura.

Nei reparti dove opero (stati vegetativi e gravi disabilità) la componente sociale si integra con quella sanitaria per costruire una dimensione di accoglienza in cui trasformare un ambiente “estraneo” in uno spazio familiare che si avvicini all’idea di casa: Villa San Benedetto come una casa dove confrontarsi, ricevere cure.

 

3 – Quali sono le attività o i programmi più popolari che ha sviluppato per i pazienti del nostro centro?

Il progetto formativo iniziato nel 2017 e terminato nel 2018 dal nome “Una luce per non rimanere al buio” la Stanza del Senso, dei sensi.

Il punto di partenza di questo progetto è stato un percorso formativo sui 5sensi rivolto a operatori e familiari attraverso un ciclo di incontri.

Questo percorso sperimentale ha permesso di iniziare a costruire un nuovo approccio relazionale attraverso uno sguardo condiviso con tutte le figure assistenziali per leggere i bisogni, personalizzando il più possibile gli interventi proponendo molteplici linguaggi.

La conclusione di questo progetto ha previsto la creazione della stanza sensoriale, un luogo avvolgente e accogliente, fatto di luci, colori, essenze, musica all’interno della quale la persona viene accompagnata da chi se ne prende cura. Potrà sentirsi al sicuro grazie a chi gli sta accanto. La stanza sensoriale con la modalità di approccio basata sui sensi viene sperimentata tutt’oggi quotidianamente da diversi reparti, ed è diventata modello per approcciare la persona in stato vegetativo anche durante i momenti dedicati all’igiene personale. Oltre un luogo dove l’operatore può rigenerarsi.

 

4 – Quali sono le sfide più grandi che deve affrontare?

La prima sfida è data dalla grande complessità di patologie, data l’eterogeneità della casistica, che richiede una grande flessibilità professionale e un’apertura al cambiamento in itinere.

Si intende intraprendere un percorso di accompagnamento di assistenza e presa in carico.

La seconda sfida è quella di garantire la continuità e la qualità di relazione dato il turnover dell’equipe.

 

5 – Può condividere esperienze di rilievo o storie di successo di cui è stato testimone nel corso della sua carriera di animatore socioculturale?

“Il Nucleo si fa casa”.

Una programmazione condivisa con l’equipe che garantisce una calendarizzazione annuale che abbraccia le necessità di incontro dei nuovi ospiti e dei rispettivi familiari, avendo cura di alternare momenti significativi con pesi e caratteristiche differenti.

Una proposta costruita collaborando con un team di professionisti esterni, esperti in terapie complementari, al fine di migliorare il benessere dell’intero reparto.

Esperienze di stimolazione multisensoriale attraverso musicoterapia, letture ad alta voce, aromaterapia, meditazione guidata e laboratori di pasticceria.

Questo calendario continuativo offre la possibilità di tessere una rete di relazione, dove, con ogni incontro, si facilita la condivisione tra persone con carichi emotivi importanti.

 

6 – Come coordina e collabora con gli altri operatori sanitari dell’ospedale per fornire un approccio olistico alla cura del paziente?

L’animatrice sociale per coordinare e collaborare sceglie di coinvolgere costantemente l’equipe del reparto nella rilevazione dei bisogni e nella condivisione di progetti. Una scelta di progettazione partecipativa che considera l’altro necessario e importante per condividere e diventare parte del cambiamento in atto.

Per garantire un approccio olistico alla cura dell’ospite, l’animatrice ha coinvolto uno staff di professionisti esterni che hanno fornito strumenti relazionali a tutta l’equipe.

 

7 – Come vede il futuro dell’animazione socioculturale in ambito ospedaliero e quali sono le sue prospettive per migliorare ulteriormente i servizi che offre?

I servizi nel futuro potranno migliorare valorizzando le esperienze di successo pregresse, restando in ascolto dei nuovi bisogni e acquisendo ulteriori risorse economiche al fine di promuovere e garantire continuità e formazione per gli operatori nella presa in carico complessiva dei reparti.

 

8 – Infine San Benedetto Menni, fondatore delle Suore Ospedaliere, ha lasciato un’importante eredità nell’assistenza ai malati e bisognosi. In che modo la via e l’opera di San Benedetto Menni ispirano e guidano il suo approccio e il suo impegno nell’assistenza ai pazienti del centro ospedaliero?

Il carisma di San Benedetto Menni è presente tra noi ogni volta che riusciamo ad essere Ospitalità, accoglienza e attenzione agli ultimi. Nella quotidianità della vita in reparto ognuno di noi prova ad essere testimone di un atteggiamento di accoglienza e cura per offrire un tempo di qualità, anche quando ci si pone di fronte al mistero dell’accompagnamento alla morte.